XVII secolo
cm 116 x 83
XVII secolo
Madonna con Bambino
Olio su tela, cm 116 x 83
La tela in esame raffigura l’Icona della Santissima Vergine Consolata, o più correttamente Consolatrice degli afflitti. Il titolo richiama il ruolo della Vergine come madre di Gesù, il quale è la consolazione del Mondo. Ella assiste e partecipa al sacrificio del figlio e viene consolata da Dio. Essendo ella consolata, può consolare gli afflitti da qualsiasi tipo di dolore. Presso la Chiesa di Oriente il titolo di questa icona è dell’Otrada (consolazione)
Su fondo oro, Maria è presentata nell’atto di reggere il bambin Gesù, il quale con la mano destra benedice i devoti. Il volto della vergine è dolce, eppure dallo sguardo assorto trapela una certa preoccupazione motivata dalla consapevolezza del sacrificio che compirà il figlio. Quest’ultimo al contrario della madre guarda dritto verso lo spettatore-fedele sicuro e consapevole del suo destino. Tanti sono i rimandi simbolici raffigurati: Al centro esatto dell’opera cade la mano benedicente di Cristo, con le due dita alzate che indicano le due verità fondamentali della fede cristiana ovvero la natura umana e divina di Gesù. Si tramanda che nel V secolo a Costantinopoli ci fosse una cappella con un’immagine della Madonna dipinta da san Luca stesso, Il quale la ritrae mentre indica il Bambino Gesù che tiene in braccio (da qui l’appellativo “colei che indica la via” o Odigitria). Nel caso dell’icona della Consolata, Maria sembra indicare, oltre a Gesù, proprio la sua mano benedicente, e quindi la Trinità e le due nature del Cristo. Anche gli abiti che indossano sono veicolo di messaggi simbolici, a partire dal manto della Madonna il cui intenso color blu notte rappresenta il divino. I bordi dorati e riccamente decorati esprimono la regalità della Madre di Dio, insieme al rosso della manica che richiama la pietra degli anelli che indossa in entrambe le mani e il manto di Gesù. Sul mantello blu appaiono due stelle che rappresentano le verginità di Maria prima e dopo il parto, ossia il primo dogma mariano.
A Torino la devozione nei confronti della Consolata è sicuramente la più sentita nonché la più antica. Fu infatti il protovescovo S. Massimo a far costruire una chiesa mariana a ridosso delle mura torinesi. Sull’Altare maggiore è posta l’icona della Consolata, titolo quest’ultimo che deve essere frutto di una storpiatura dialettale; infatti, il santuario reca l’iscrizione “Consolatrix afflictorum”.
Secondo la tradizione nel 1104 la Vergine apparve a un cieco, Giovanni Ravachio di Briancon e gli disse di recarsi a Torino per trovare un dipinto che la raffigura in modo da riacquistare la vista. Egli si reca a Torino e dopo lunghi scavi e ricerche ritrova l’effige e si compie il miracolo. L’opera oggi venerata si trova nella cripta del santuario ed è una copia dell’originale andato perduto durante i vari interventi effettuati all’edificio. Quella che ancora oggi viene venerata è quindi un’immagine del XV secolo attribuita a Antonio Aquili noto come Antoniazzo Romano (1430 ca- 1508), il quale si ispira alla Madonna del Popolo di Roma così come denunciato da un’iscrizione alla base del dipinto Santa Maria de Popolo de Urbe.
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