XVII secolo
cm 188 x 123
Scuola senese del XVII secolo
Il ratto di Proserpina
Olio su tela, cm 188 x 123
Raffigurato al culmine dell’azione, nel pieno momento di drammaticità, è la scena del Ratto di Proserpina ( per i greci Persefone) figlia di Cerere. Protagonista della vicenda è Proserpina, versione romana della greca Persefone, figlia della divinità agricola Cerere (Demetra in greco). Queste due figure mitologiche sin dall’inizio dei tempi sono strettamente legate al culto della terra, dell’agricoltura e dell’alternarsi delle stagioni, e, note come protagoniste dei “Misteri Eleusini”, sono altresì celebrate come “la coppia divina”. Un giorno, mentre Proserpina si trovava intenta a raccogliere dei fiori sulle sponde del lago di Pergusa, nei pressi dell’odierna Enna, il dio degli Inferi Plutone, conosciuto dai Greci come Ade, s’invaghì di lei a tal punto che decise di rapire la fanciulla e portarla con sé nel regno dei morti. Lo straziante grido di aiuto di Proserpina giunse sino alle orecchie della madre, che, in preda alla disperazione per la sorte della figlia, vagò nove giorni e nove notti, cercando Proserpina per tutta la Grecia e tenendo in mano due fiaccole accese. Finalmente Cerere venne a sapere da Elio di come la sua Proserpina fosse stata trascinata di forza da Plutone fino nell’aldilà, così, infuriata e in preda al dolore, minacciò di non occuparsi più delle sue funzioni divine fino a che la figlia non fosse ritornata sulla Terra. Si rifugiò, quindi, a Eleusi, dove fu accolta con grande calore e ospitalità. Nel frattempo, però, tutto sulla Terra cominciava a morire e le carestie cominciarono a imperversare tra gli esseri umani disperati. Fu per questa ragione che Giove, preoccupato per la sorte degli uomini, ordinò a Plutone di lasciare libera la sua giovane sposa, consentendo il suo ricongiungimento con la madre. Il dio degli Inferi acconsentì, ma, restio a rinunciare alla sua sposa, furbamente diede da mangiare a Proserpina dei chicchi di melograno, legandola definitivamente e per sempre al regno dei morti. Cerere e Plutone dovettero così cedere a un compromesso: la giovane avrebbe vissuto sei mesi sulla Terra insieme alla madre e i restanti sei mesi negli Inferi con Ade. Durante il periodo trascorso con Ade, da inizio autunno (tempo della semina) fino alla fine dell’inverno, sulla Terra avrebbe regnato il freddo e i campi non avrebbero dato i loro frutti. Allo sbocciare della primavera, invece, Proserpina sarebbe stata libera di tornare a casa e Cerere, felice di riavere con sé la figlia, avrebbe ridato nuova vita, la terra sarebbe stata fertile e avrebbe nutrito con le sue messi tutti gli uomini.
Nel presente dipinto è raffigurato il momento culminante dell’azione, il momento del rapimento. Plutone, fiero e insensibile, possente e muscoloso cerca di trascinare Proserpina negli inferi con la forza. I muscoli del Dio sono tesi nello sforzo di sostenere il corpo della fanciulla che, seppur minuto, cerca di scappare e di divincolarsi dalla presa stretta di Plutone. Alle spalle del dio si intravede il suo carro trainato dal cavallo dalla cui bocca sgorgano delle fiamme, fiamme che si ritrovano anche ai piedi del gruppo a indicare l’inevitabile destino della giovane.
Il soggetto mitologico fu molto apprezzato dagli artisti che nei secoli ne crearono diverse versioni, ovviamente la più celebre è il del ratto di Proserpina, contenuta oggi alla Galleria Borghese del Bernini.
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