Roma contemporanea dagli anni Cinquanta ai Duemila / 1
TITINA MASELLI, GIULIO PAOLINI, LUCIANO FABRO, CARLO MARIA MARIANI, JAN VERCRUYSSE, MYRIAM LAPLANTE
e un omaggio al fotografo Sergio Pucci
30 maggio > 28 luglio 2019
Nelle sale intorno alla rotonda del Palazzo delle Esposizioni sono riproposte sei mostre che si sono tenute a Roma dagli anni Cinquanta agli anni Duemila e l’omaggio a un fotografo dell’arte.
È tracciata una storia in forma di passeggiata attraverso i paesaggi espositivi di una Città in grado di rinnovare, ogni volta in maniera diversa, la sua vocazione contemporanea.
Titina Maselli, Galleria La Tartaruga 1955
Giulio Paolini, Galleria La Salita 1964
Fabro. Concetto spaziale d’après Watteau, 1967-71 / Corona di piombo, 1968-71 / L’Italia d’oro / Alluminio e seta naturale, 1971, rassegna “Informazioni sulla presenza Italiana” a cura di Achille Bonito Oliva, Incontri Internazionali d’Arte 1971
Carlo Maria Mariani. La costellazione del Leone, Galleria Gian Enzo Sperone 1981
Jan Vercruysse, Tombeaux (Stanza), Galleria Pieroni 1990
Myriam Laplante. Elisir, a cura di Lorenzo Benedetti e di Teresa Macrì, Fondazione Volume! e The Gallery Apart, 2004
Omaggio a Sergio Pucci, fotografo che ha dedicato molta parte del suo lavoro alla documentazione delle mostre.
L’intento è quello di dare voce a una pluralità, evidenziando i protagonisti e le protagoniste, i luoghi e le istituzioni che a partire dal dopoguerra hanno reso Roma un centro vitale della cultura contemporanea, ripetendo l’iniziava ogni anno durante i mesi estivi con la riproposizione di differenti occasioni espositive.
Giulio Paolini, Senza titolo, 1964, tavole di compensato, due elementi, cm 200 x 150, cm 102 x 102. Collezione privata, Milano © Roberto Marossi
Questa prima edizione ha inizio con le poderose immagini di città dipinte da Titina Maselli a New York e mostrate da Plinio De Martiis e Ninnì Pirandello a La Tartaruga nel 1955.
Grazie alla collaborazione della Fondazione Giulio e Anna Paolini e ai prestiti provenienti da importanti collezioni, la mostra ripropone la prima personale di Giulio Paolini – che ebbe luogo nel 1964 in un’altra delle gallerie celebri di Roma, La Salita – riallestita in questa occasione dallo stesso artista come se si trattasse di una mostra in preparazione.
Di Luciano Fabro, grazie al supporto dell’Archivio Luciano e Carla Fabro, è stato raccolto l’impressionante insieme di opere con il quale l’artista rispose nel 1971 all’invito di Achille Bonito Oliva ad esporre prima alla Biennale di Parigi e poi nella appena nata associazione Incontri Internazionali d’Arte.
Carlo Maria Mariani, La costellazione del Leone, 1981, olio su tela, cm 340 x 450. Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea. Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Con il grande quadro di Carlo Maria Mariani, oggi conservato a La Galleria Nazionale di Roma e in origine esposto da Gian Enzo Sperone nel 1981, siamo alla presenza di un nuovo modo di intendere la pittura e la storia, invitati a condividere l’elogio degli artisti, dei critici e dei galleristi allora protagonisti della scena romana e oggi ritratti nel dipinto.
Una sensibilità del tutto diversa è quella che domina lo spazio dedicato a Jan Vercruysse e dai suoi Tombeaux, severi simulacri di memorie segrete, esposti nella galleria di Mario Pieroni nel 1990 e oggi ripresentati con la collaborazione della Fondazione intitolata all’artista scomparso.
La mostra di Myriam Laplante, “Elisir” del 2004, curata da Lorenzo Benedetti e da Teresa Macrì, promossa dalla The Gallery Apart e dalla Fondazione Volume! e da quest’ultima ospitata, conclude il percorso con un’immersione nella immaginazione paradossale e avvincente dell’artista, fiabesca e mordente al tempo stesso.
A queste mostre si affianca un focus sull’operato di Sergio Pucci, fotografo che dalla metà degli anni Cinquanta ha documentato le opere d’arte presso gli studi degli artisti o in mostra, lavorando per gli amici (Ettore Colla, Leoncillo, Giulio Turcato, tra gli altri) o per le gallerie (tra le altre La Salita, Giuliana De Crescenzo, L’Oca, Mario Diacono).
Il progetto Mostre in mostra si inserisce, inoltre, nel dibattito corrente sulla possibilità di storicizzare l’arte contemporanea scegliendo di assumere come principale punto di osservazione il momento espositivo e così dando valore alle circostanze nelle quali l’opera diventa cosa pubblica e condivisa.
La ricostruzione delle mostre, come viene riproposta al Palazzo delle Esposizioni, sebbene condotta con gli strumenti della filologia (attraverso i documenti dell’epoca, le testimonianze, il repertorio fotografico, timbri e altri segni che le opere stesse recano), non in tutti i casi è strettamente fedele. Più dello studio archeologico, interessa riconoscere l’importanza delle singole opere oggi e il significato che esse acquistano nella visione corale di una mostra.
Una deroga alla filologia fatta anche in nome delle metamorfosi che alcune opere hanno subito nel tempo per via della loro “musealizzazione”, ma spesso anche per volere dei loro autori.
Slittamenti, aggiunte, assenze, metamorfosi, abbiamo cercato di motivare e analizzare ogni scelta, evidenziando, mostra per mostra, nodi, assetti pratici e teorici che attengono alle opere o agli autori o alla ricostruzione storica, auspicando di aprire un confronto su questi temi al quale invitiamo tutti a partecipare.