cm 62,5 x 98
Mathieu van Plattenberg, detto Monsù Montagna (Anversa, 1608-Parigi, 1660)
Burrasca con velieri
Olio su tela, cm 62,5 x 98
Con cornice, cm 87,5 x 122 x 8
Affasciante marina che va ad arricchire il catalogo di Matthieu Plattenberg, meglio noto come Monsù Montagna. Roboanti nuvole incombono sulle onde dal guizzo graffiante, in un turbinio pittorico di vento e salati scrosci di spuma marina. Con straordinaria destrezza formale l’artista materializza il buio smeraldo delle profondità marine, pronte ad inghiottire la manciata di velieri sferzati dal vento; massimo verismo viene raggiunto nel dettaglio dell’acqua che si frantuma in nebulose goccioline sugli scogli, sulla destra del dipinto. La commistione figurale di questi elementi appartenne all’intera produzione del Plattenberg, menzionato già nella Felsina pittrice del Malvasia (1678), quindi nella Storia pittorica dell’Italia dell’abate Luigi Lanzi (1792-1809). È a questo trattato che occorre ricondurre una nodale confusione identitaria, eccellentemente sciolta dalla monografia di Roethlisberger (Bianco, Cavalier Tempesta and his Time – University Delaware Press, Delaware, 1970). Il Lanzi suppose corretto identificare nel “Montagna”, citato da diverse fonti prima di lui, un olandese pittor di mare che finì per essere nominato, successivamente, come Renaud de la Montagne. La pubblicazione del Roethlisberger dimostrò che nel Montagna fosse invece da riconoscersi l’artista fiammingo Matthieu Plattenberg, nato ad Anversa nel 1608. L’artista prese il soprannome da Andries van Eertvelt, incisore e disegnatore di ricami presso cui svolse l’apprendistato giovanile; soggiornò nella penisola italiana attorno ai vent’anni, al seguito del maestro, raggiungendo la città di Firenze. Qui Plattenberg non fu collaboratore di Jan Asselijn, come spesso scritto: negli anni fiorentini di Asselijn, tra il 1635 e il 1644, il Montagna si trovava a Parigi, raggiunta attorno al 1630. L’artista si dedicò alla prolifica realizzazione di marine tempestose, alle volte firmate Montagne, Montaigne o Platte-Montagne; partecipante alla fondazione dell’Académie Royale de Peinture et de Sculpture a Parigi nel 1648, amò definirsi per l’interezza della sua vita, a ragione, “Peintre du Roy pours les mers”. Pari a lui, successivamente, solo Pieter Mulier, soprannominato per l’appunto Cavalier Tempesta; sebbene più classicheggiante, al Mulier furono talvolta attribuiti dipinti del Plattenberg, persino già dai tempi del Lanzi. Una sorte simile toccò al figlio del Montagna, noto alle fonti come Nicolas de Plattemontagne, attivo a Parigi e alla decorazione delle Tuileries; anche le opere di Nicolas furono per lungo tempo erroneamente attribuite al suo maestro, Philippe de Champaigne. Si rammenti come persino Evaristo Baschenis, noto pittore-sacerdote bergamasco, possedesse opere del Montagna: fervido collezionista di opere contemporanee, Baschenis affiancava a questo fiammingo alcune perle del romano Ciro Ferri, del trentino Andrea Pozzo e del cremasco Gian Giacomo Barbelli, suo antico maestro, come si evince da una nota testamentaria.
L’evidente paternità del dipinto si palesa nel confronto con altre Scene di tempesta eseguite dall’artista: si ricordino, oltre agli esempi dislocati in collezioni private, le affini tele oggi custodite presso la Camera dei Deputati di Palazzo Montecitorio, i Royal Museums di Greenwich e la Pinacoteca Tosio Martinengo dei Musei Civici di Arte e Storia di Brescia.
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