Venezia 11 Mag – 24 Nov 2019
“Jannis Kounellis”, a cura di Germano Celant, è la prima vasta retrospettiva dedicata all’artista dopo la sua scomparsa nel 2017.
Il progetto, sviluppato con la collaborazione dell’Archivio Kounellis, riunisce più di 60 lavori dal 1959 al 2015, provenienti da musei e importanti collezioni private in Italia e all’estero. La mostra ricostruisce la storia artistica ed espositiva di Kounellis (Pireo 1936 – Roma 2017) cercando di stabilire un dialogo tra le opere e gli spazi settecenteschi di Ca’ Corner della Regina.
I primi lavori dell’artista, esposti originariamente tra il 1960 e il 1966, sono presentati in alcune sale del primo piano nobile del palazzo veneziano e trattano del linguaggio urbano. In una prima fase riprendono scritte, segnali e insegne presenti nelle strade di Roma e, in seguito, contengono lettere, frecce e numeri neri tracciati su tela, carta o altri supporti bianchi. Veicolano una scomposizione del linguaggio in accordo con la frammentazione del reale che, dal 1964, si ricompone in soggetti ripresi dalla natura, dai tramonti alle rose, quest’ultime attaccate sulle tele con bottoni automatici. Dal 1967, con l’intento di superare l’uniformità tradizionalmente pittorica della sua prima produzione, la ricerca di Kounellis si fa più radicale per inglobare elementi concreti e naturali come terra, cactus, lana, carbone, cotone e fuoco.
Si passa dal linguaggio scritto e pittorico a quello fisico e ambientale. Il ricorso a entità organiche e inorganiche trasforma il suo linguaggio in un’esperienza corporea, intesa come trasmissione sensoriale. L’artista esplora in particolare la dimensione sonora in cui il dipinto si traduce in uno spartito da musicare o da danzare, già dal 1960 con lo stesso Kounellis che recita le sue lettere su tela e dal 1970 con la presenza di un musicista o di una ballerina. L’indagine della percezione olfattiva, iniziata nel 1969 con il caffè, prosegue negli anni Ottanta con sostanze come la grappa, per uscire dai limiti illusori del quadro e congiungersi con il caos vitale della realtà.
“Jannis Kounellis” Fondazione Prada Venezia. Photo Agostino Osio – Alto Piano
Nelle installazioni realizzate dalla fine degli anni Sessanta l’artista innesca uno scontro dialettico tra la leggerezza, l’instabilità, la temporalità dell’elemento naturale e la pesantezza, la permanenza e la rigidità delle strutture industriali, rappresentate da superfici modulari in metallo dipinto di grigio. Kounellis partecipa alle mostre che contribuiscono all’elaborazione dell’Arte Povera, la cui adesione si traduce in un’autentica forma di espressione visuale che interpreta la cultura antica in chiave contemporanea, in contrasto con la perdita di identità storica e politica del secondo dopoguerra.
Dal 1967, data della cosiddetta “margherita di fuoco”, il fenomeno della combustione appare spesso nell’opera dell’artista: una “scrittura di fuoco” che ne enfatizza il potenziale trasformativo e rigenerante. Al vertice di questo mutamento, secondo la tradizione alchemica, si colloca l’oro che l’artista utilizza in molteplici situazioni. Nell’installazione Senza titolo (Tragedia civile) del 1975 il contrasto tra la foglia d’oro che ricopre una parete spoglia e il nero degli indumenti, appesi a un attacapanni, testimonia la drammaticità di una scena che allude a una crisi storica e personale. Nel percorso di Kounellis il fumo, legato anch’esso al fuoco, funziona sia come residuo di un processo pittorico, sia come prova dello scorrere del tempo. Le tracce di fuliggine sulle pietre, le tele e i muri in alcuni lavori del 1979 e 1980 indicano un personale “ritorno alla pittura”, in opposizione all’approccio a-ideologico ed edonistico di molta produzione pittorica degli anni Ottanta.
In tutta la sua ricerca Kounellis sviluppa una relazione tragica e personale con la cultura e la storia, evitando un atteggiamento aulico e reverenziale. Arriva a rappresentare il passato con un insieme incompleto di frammenti di statue classiche come nell’opera del 1974. In altri lavori l’eredità greco-romana è esplorata attraverso la maschera, come nell’installazione del 1973 costituita da una cornice in legno su cui sono disposti calchi in gesso di volti. Un altro emblema dell’insofferenza dell’artista verso il proprio tempo è la porta. I varchi tra le stanze sono chiusi con pietre, legno, tondelli di ferro e lastre di piombo rendendo inaccessibili alcuni ambienti così da esaltarne la dimensione sconosciuta, metafisica e surreale.
“Jannis Kounellis” Fondazione Prada Venezia. Photo Agostino Osio – Alto Piano
Il percorso espositivo è completato da alcune installazioni di grandi dimensioni, realizzate da Kounellis a partire dalla fine degli anni Ottanta. Questi insiemi, che moltiplicano le modulari dei lavori storici per appropriarsi dello spazio, inglobano mensole o costruzioni metalliche che contengono oggetti di varia provenienza: da calchi in gesso a pietre, da cappotti a bicchieri e ingranaggi meccanici. In questo contesto si inseriscono i grandi interventi ospitati nelle sale centrali dei due piani nobili di Ca’ Corner della Regina. I temi della gravità e dell’equilibrio e il confronto con lo spazio architettonico e urbano trovano una realizzazione monumentale nell’installazione del 1992, riproposta nella corte interna del palazzo veneziano. Concepita per la facciata esterna di un edificio di Barcellona, è composta da sette piatti metallici a sostenere sacchi contenenti chicchi di caffè.
La retrospettiva è completata dalla presentazione al piano terra di film, cataloghi, inviti, manifesti e fotografie d’archivio che testimoniano la storia espositiva di Kounellis e da un focus dedicato ai suoi progetti in campo teatrale. La mostra è accompagnata da un volume che, con un saggio di Germano Celant e un’ampia cronologia illustrata, documenta e approfondisce il percorso biografico e professionale dell’artista. Progettato dallo studio 2×4 di New York, il libro è pubblicato da Fondazione Prada.