Prima di pubblicare questo articolo, anche noi di Nowarc avevamo solo una vaga idea di cosa significasse l’Arte Animalier. O meglio, come tanti altri appassionati e non di antiquariato (compresi una parte degli stessi galleristi), avevamo forse una visione troppo superficiale di questa ennesima sfaccettatura delle produzioni artistiche. Poi abbiamo conosciuto Valeria Ricci, titolare di R.V. Art Gallery Studio, che ci ha mostrato quanto questo mondo sia affascinante e complesso, con una storia lunga e popolata di incredibili interpreti.
Ecco quello che ci ha raccontato la giovane antiquaria, che con una passione contagiosa e la continua voglia di studiare che su questo ha puntato tutto.
- NOWARC – Innanzitutto vorremmo sapere: qual è stata la spinta che ti ha portato a scegliere questa particolarissima nicchia? Come porti avanti una galleria così specializzata e come risponde il pubblico italiano rispetto a quello straniero alla tua particolare proposta?
Non avevano fatto i conti però con un amore infinito, che ho coltivato fin da piccola nei confronti del mondo animale, in modo particolare per i cavalli.
“Osservare la Natura nel suo contesto originale permette di instaurare un rapporto con la realtà fatto di valori solidi e molto profondi”
Mi si è aperto un mondo che scoprii nel tempo , completamente dimenticato dal mercato italiano, ma molto in voga e con una profonda tradizione artistica a livello europeo, soprattutto in Olanda, Belgio, Inghilterra, Francia e Germania, anche se l’Italia vanta artisti di nicchia che nulla hanno da invidiare ai colleghi stranieri per qualità espressiva.
Osservare la Natura nel suo contesto originale permette di instaurare un rapporto con la realtà fatto di valori solidi e molto profondi, anche durante questa pandemia ritrovare un legame con se stessi è diventata un’esigenza primaria, gli animali aiutano molto a ristabilire un’equilibrio che la vita frenetica ci ha fatto trascurare, non a caso esistono vere e proprie sedute che rientrano nella casistica della Pet-Therapy.
“Un’opera d’arte, dipinto o scultura che sia, non può non tenere presente anche questo lato mistico, l’autentica “animalità” che contraddistingue il capolavoro dalla semplice interpretazione decorativa”
La mia “scuderia” artistica è sempre in costante crescita.
La realtà italiana per quanto riguarda il settore antiquario rivolto al genere animalier rispetto a quella straniera è molto circoscritta, culturalmente siamo portati a scegliere opere legate ad un gusto antropocentrico, ma appunto per questo lo spazio per introdurre un genere nuovo permette di avere una certa visibilità, anche da una fascia di clientela con interessi orientati ad uno stile di vita che ben si allinea con il concetto di “Naturalismo”, ho le mie soddisfazioni personali e sono più che convinta del mio percorso.
Ogni soggetto deve trasmettermi le qualità morfologiche descrittive che riguardano l’animale raffigurato, ma l’artista deve saperne cogliere anche “l’anima”, più precisamente l’aspetto etologico. Molti artisti infatti tendono ad esercitarsi sul piano accademico, tecnico-realistico mentre secondo me chi fa davvero la differenza è colui che sa interpretare lo stato d’animo degli animali, trasformando un semplice gesto in qualcosa di istintivo e selvaggio, loro a differenza degli esseri umani conservano molti aspetti legati alla vita primordiale in natura, creando una sorta di fascinazione su chi li osserva e ne rimane attratto.
Un’opera d’arte, dipinto o scultura che sia, non può non tenere presente anche questo lato mistico, l’autentica “animalità” che contraddistingue il capolavoro dalla semplice interpretazione decorativa. Un’opera animalier deve proiettarci in una dimensione reale come se in quel momento il soggetto raffigurato fosse davanti ai nostri occhi: vibrante e vivo come le emozioni che proviamo guardandolo nel contesto naturale. Sono dell’idea che preferire correnti artistiche inusuali e meno scontate a ciò che oggi può essere considerata una tendenza “d’investimento” artistico, sia fondamentalmente una scelta non convenzionale, le piccole gallerie come la mia devono esplorare nuovi “territori “ e puntare sulla ricerca di quella “nicchia” che il collezionista non soggiogato dalle mode apprezza e rivaluta per tanti aspetti, in primis per un allineamento di gusto e passione.
“Dobbiamo far riscoprire il piacere di tornare nelle gallerie, utilizzando l’online per valorizzare il nostro sapere, la pandemia ha spinto il mondo dell’arte ad affrontare nuove sfide”
- NOWARC – Nonostante la tua giovane età, quale ritieni sia la situazione del mercato negli ultimi anni, ed in particolare in seguito al Covid19?
VR – Il mercato attuale è molto complicato da analizzare, la situazione del Covid19 ha stravolto molte realtà tradizionali, ne ha fatte emergere altre, la qualità, la rarità e l’eclettismo dell’alto antiquariato hanno resistito, i collezionisti oggi sono sempre più preparati ed esigenti, bisogna aggiornarsi e come tutti i professionisti anche gli Antiquari si sono adeguati migliorando e dedicandosi allo sviluppo di alcuni aspetti piuttosto che altri. Con le gallerie chiuse e le mostre rimandate abbiamo avuto più tempo per gestire le nostre risorse culturali, fare ricerca e dare spazio ai contenuti, mi spiego meglio, l’online ha dato molto spazio a chi tendenzialmente aveva un approccio improntato sull’approfondimento culturale, le vendite si sono risolte con modalità diverse dalla trattativa vis á vis, sono cambiate le formule di comunicazione e visibilità.
Il cambiamento fondamentale secondo me è quanto un operatore è in grado di far emergere la professionalità della propria galleria, la specializzazione dei temi trattati, gli obiettivi e la competenza sul campo, insomma tutto ciò che contraddistingue un professionista preparato rispetto ad altre realtà. Dobbiamo far riscoprire il piacere di tornare nelle gallerie, utilizzando l’online per valorizzare il nostro sapere, la pandemia ha spinto il mondo dell’arte ad affrontare nuove sfide. Per quanto riguarda i giovani Antiquari, figli d’arte, la gestione dei contenuti attraverso i social o i portali dedicati ha creato una fitta rete di collegamenti e diffusione nozionistica che ha permesso anche ai non addetti ai lavori di approcciarsi all’antiquariato in modo più diretto, è tutto molto più fruibile e si sono accorciate le distanze tra operatori del sistema dell’arte.
Rispetto all’Arte Contemporanea la nostra realtà era meno esposta a livello mediatico, tutto questo è servito per riscoprire una grande bellezza a livello nazionale che da tempo viveva in una dimensione velata e tendenzialmente riservata.
“Ciò che rende The Bull così speciale è il fatto che Potter dipinse qualcosa di così ordinario come un toro su così grande scala, cosa che non era mai stata fatta prima”
Faccio parte da tre anni dell’Associazione Giovani Antiquari Milanesi, che fa riferimento all’Associazione Antiquari Milanesi – FIMA e posso dire che lo spirito di collaborazione che contraddistingue i nostri associati ha contribuito molto alla realizzazione di nuovi progetti nati per coinvolgere nuove fasce di interlocutori e collezionisti. All’interno dei Giovani Antiquari Milanesi c’è un clima di confronto positivo, costruttivo e propositivo, ci riuniamo regolarmente con una cadenza mensile per discutere ed approvare nuove idee sempre inerenti al nostro campo, un piccolo successo è stata la serata dedicata a Gala Amart, evento che ha visto tra i partecipanti e partners anche i Giovani del Museo Poldi Pezzoli, la Delegazione Fai di Milano – Gruppo Giovani, i Giovani del Museo Bagatti Valsecchi. Crediamo fermamente nell’unione di più forze, menti creative e in modo particolare portiamo avanti la sensibilizzazione anche per l’aspetto conservazionista, di valorizzazione dell’arte e di tutela del patrimonio artistico.
- NOWARC – Portaci a lezione: quali sono i fondamenti dell’arte animaliers?
Questo è uno dei dipinti più famosi della Mauritshuis Museum. Ciò che rende The Bull così speciale è il fatto che Potter dipinse qualcosa di così ordinario come un toro su così grande scala, cosa che non era mai stata fatta prima. E nonostante queste grandi dimensioni, ha prestato grande attenzione ai minimi dettagli, come l’allodola nel cielo, il sole sul prato, le mosche sulla schiena del toro e i baffi della mucca. Ciò ha reso il dipinto l’epitome della pittura naturalistica olandese.
Quando Paulus Potter morì di tubercolosi prima dei trent’anni, aveva già profondamente influenzato il modo in cui gli animali sono raffigurati nell’arte europea. Potter ha creato ritratti di animali, rendendoli il fulcro della sua immagine, non solo uno sfondo per l’azione umana. Figlio precoce di un pittore, la sua prima opera datata risale al 1640. Entrò nella Corporazione di San Luca di Delft nel 1646 e successivamente si trasferì a L’Aia. Si dice che abbia vagato per la campagna olandese, album da disegno in mano, altrettanto sensibile a come si comportano gli animali da fattoria nei diversi momenti della giornata e alle vicissitudini della luce dalla mattina al tramonto. Pochi dei suoi contemporanei erano più in sintonia con gli stati d’animo della natura o con l’armonia senza tempo di animali, paesaggi e tempo atmosferico. La forte sensibilità di Potter per la composizione si vede nel modo in cui raggruppava le forme e utilizzava le competenze anatomiche, frutto di studi in plein air e di un amore smisurato per questo mondo.
“Se osserviamo le personalità degli artisti che hanno maggiormente contribuito alla crescita del genere animalier troviamo in tutti un carattere particolarmente forte, un’estrema sensibilità ed un’acuto spirito d’osservazione, sono amanti e profondi conoscitori della Natura selvaggia, il tutto condito da un pizzico di ribellione ed avversione per le restrizioni accademiche”
Recentemente il mondo dell’arte ha sviluppato una discreta ricerca biografica in funzione di un ampliamento bibliografico, molti artisti ottengono il giusto riconoscimento vista la qualità delle loro opere, ma impossibile menzionarli tutti, direi di citare i più famosi suddivisi per aree geografiche significative. Più che una trascrizione oggettiva e didascalica della vita vorrei presentarli attraverso citazioni da loro formulate, o aneddoti di vita, per far comprendere quanta dedizione, passione, tecnica, impegno e determinazione si nascondano dietro le quinte del genere Animalier.
Partendo dalla Gran Bretagna dove è bene fare prima di tutto una distinzione fondamentale: gli inglesi si dividono in due categorie, quelli che amano i cavalli e gli altri. La vita senza animali sarebbe impensabile.
I committenti apprezzavano la scoperta su tela di un loro beniamino, erano stupefatti ed altrettanto orgogliosi di vederlo impegnato in una corsa sfrenata al galoppo, quanto valorizzato sul muro delle sontuose dimore di proprietà. Nessun critico d’arte anche tra i più scettici poté più ignorare un nuovo genere artistico che coinvolse un sempre maggior numero di pubblico tra collezionisti e semplici appassionati. Molti altri artisti ben presto si cimentarono in questo genere riscuotendo notevole successo non solo in Inghilterra ma anche negli Stati Uniti.
“Eugène Delacroix, rimase affascinato dal legame che unisce cavallo-cavaliere…si percepisce un senso di fusione quasi mitologico, identificandosi nella figura del centauro tanto le movenze umane sono in simbiosi con quelle dei cavalli”
Théophile Gautier a Parigi nel 1880 scrisse: “sembra che questi artisti possano aver creato un atelier direttamente nei pascoli, tanto riescono ad entrare così profondamente nell’istinto animale”.
Per citare alcuni nomi: Théodore Géricault ( 1791 – 1824) la passione come cavaliere emerge in tutta l’ammirazione per il mondo equestre, molte opere hanno come soggetto il cavallo, celebrato negli aspetti più intimi e rivelano una totale empatia nei confronti dell’animale, il suo interesse non si focalizzava sull’anatomia ma sul conflitto fisico tra il cavallo e l’uomo in tutta l’irruente fragilità. La sua brillante carriera si interruppe drasticamente a causa di un incidente equestre, ma le opere ci tramandano tutto il fascino e l’amore per questo nobile animale (Cavallo spaventato da un fulmine 1813/14 – La corda dei Berberi a Roma 1817).
Grazie alla collaborazione con musei e storici dell’arte all’estero, riporto alla luce una realtà esclusiva, che ha molto da raccontare e trova interesse nelle nuove generazioni di collezionisti, che scelgono uno stile di vita in armonia con la Natura.