Carlo Antonio Tavella (Milano, 1668 – Genova, 1738)
Paesaggio con lavandaie
Olio su tela, cm 75 x 100
Con cornice, cm 98 x 115
Considerato da Carlo Giuseppe Ratti “uno de più eccellenti paesisti che abbiamo avuto nella nostra città’, Carlo Antonio Tavella fu un abile paesaggista fortemente ispirato alle opere di Dughet e del Tempesta.
Nato a Milano nel gennaio del 1668 dal mercante Domenico Tavella e da Teresa Ponsona, entrambi di origine genovese, Carlo Antonio venne collocato nel 1678 dal padre presso la bottega del pittore Giuseppe Merati, per poi passare dal 1681 al 1688 in quella di Giovanni Grevenbroech, il Solfarolo. Nel 1691, dopo alcuni viaggi in Emilia e Toscana, il Tavella si stabilì per la prima volta a Genova, città nella quale sposò la sorella di Giovanni Garzinotto, sconosciuto maestro specializzato nella realizzazione di dipinti di natura morta.
Nella città ligure il Tavella non faticò ad ottenere significative commissioni, come testimoniano i pagamenti, datati rispettivamente al 31 dicembre 1691 e al 13 marzo 1692, relativi agli affreschi raffiguranti Paesaggi eseguiti nella sala dedicata alle Arti Liberali del Palazzo Brignole Sale (Palazzo Rosso). In seguito al successivo ritorno a Milano, il pittore entrò nella cerchia di Pietro Mulier detto il Tempesta, con il quale collaborerà fino alla morte di quest’ultimo, avvenuta nel 1701. Da quel momento Carlo Antonio si stanziò definitivamente a Genova, assentandosi nel 1715 per un viaggio a Pavia e Milano e nel 1727 per un soggiorno in Lunigiana; dalla città ligure continuò ad inviare alla vasta e propizia committenza lombarda numerosi dipinti, di cui si hanno notizie dalle diciannove lettere scritte dal pittore, tra il 1702 e il 1731, al mercante e collezionista bergamasco Francesco Brontino.
Strettamente collegata all’attività dei paesaggisti romani attivi alla fine del Seicento a Firenze nell’ambito della corte di Ferdinando de’ Medici, quali Crescenzio Onofri e Pandolfo Reschi, le cui opere furono sicuramente studiate dall’artista durante i soggiorni in Toscana, la produzione pittorica di Carlo Antonio Tavella appare contraddistinta da un linguaggio uniforme, continuamente reiterato per soddisfare una committenza che ben gradiva le sue pacate ed armoniose composizioni: in esse la presenza umana, sacra, mitologica o semplicemente contadinesca, è introdotta in ampi paesaggi classicheggianti che rivelano un puntuale rapporto con gli esiti romani di Claude Lorrain e Gaspard Dughet, forse conosciuti dal pittore anche direttamente in occasione di un ipotetico ma probabile viaggio a Roma. Nella Città Eterna il pittore avrebbe potuto apprendere i migliori ammaestramenti di questo peculiare genere artistico, a partire dai modelli d’Annibale Carracci, sino alle prove di Gaspard Dughet (Roma, 1615-1675).
Questa analogia dimostra ancora una volta che la qualità della sua arte si può equiparare ai migliori esempi capitolini. La tela in esame documenta con eleganza il carattere dell’artista, di indole squisitamente arcadico. Resta infine da ricordare la evidente affinità di questa scena con il Paesaggio con pastori del Museo Diocesano di Milano o il Paesaggio dei Musei di Strada Nuova a Genova, o ancora il Paesaggio con pastore o mandria del Museo nazionale di belle arti della Valletta
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