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Per secoli il corallo fu ritenuto un vegetale, così la pensavano i greci, condivisi dallo storico latino Plinio il Vecchio che nella sua Naturalis Historia lo definiva una pianta.
Il corallo è sempre stato associato ad una simbologia particolare: intanto per il suo colore rosso è sempre stato collegato al colore del sangue, simbologia della vita stessa, tanto che nei dipinti del ‘400 e del ‘500 venne usato molto frequentemente nell’iconografia della Madonna con il Bambino sia come simbolo della futura passione del Cristo sia della sua doppia natura umana e divina. Ricordiamo, solo per citare uno dei grandi capolavori rinascimentali, la Pala di Brera di Piero della Francesca in cui il bambino Gesù indossa una collana di corallo che termina con un ramo dello stesso materiale.
Il corallo era legato anche al tema della nascita: era usanza, soprattutto nell’Italia del sud, regalare alla balia che allattava il neonato una collana lunga con grandi sfere di corallo degrade’; sono quelle rare collane chiamate infatti “da balia” oggi molto ricercate sul mercato.
In Italia la tradizione del corallo è centenaria: nel ‘600 e nel secolo successivo i tipici orecchini a boccola con la collana in parure erano ritenuti indispensabili per un corredo da sposa e nel ‘500 le stesse severe leggi suntuarie, quelle cioè che regolamentavano i canoni del lusso, non hanno mai limitato l’uso popolare e molto amato del corallo.
Le qualità più pregiate erano quelle che arrivavano dalla Sardegna, da Trapani, da Sciacca e da torre del Greco. Sappiamo che il corallo di Trapani era già apprezzato nel XII secolo, quando il viaggiatore arabo Idrisi ne esaltava la qualità e l’eccezionalità. I corallari trapanesi crearono oggetti di elevatissima perizia tecnica: non solo gioielli ma cornici, presepi, cartaglorie e reliquiari, oggetti preziosi spesso eseguiti in oro e argento è riccamente decorati in corallo.