Prodotta e organizzata da ViDi, in collaborazione con Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura e la fondazione Giorgio e Isa de Chirico, l’esposizione Giorgio de Chirico. Il volto della Metafisica, curata da Victoria Noel-Johnson, presenta circa 100 opere realizzate dal Pictor Optimus nell’arco della sua intera carriera e provenienti da prestigiosi musei come la Fondazione Giorgio e Isa de Chirico di Roma, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, il MART di Rovereto, la Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti – Firenze, la Fondazione Museo Alberto Sordi, il Museo Bilotti, la Casa-museo Boschi Di Stefano di Milano, il Museo Luigi Bellini di Firenze, il Museo d’Arte Moderna Mario Rimoldi di Belluno, nonché da prestigiose collezioni private.
La rassegna propone una revisione critica della complessa attività dell’artista, esattamente cento anni dopo la decisione del Maestro del 1919 di prendere una diversa direzione dalla pittura Metafisica (1910-1918), a favore di stili e tecniche ispirati al Classicismo e ai grandi maestri del passato. In linea con la posizione che de Chirico ha sempre sostenuto, la mostra evidenzia non un distacco, ma un’evoluzione sempre più sofisticata.
“Come i frutti autunnali – spiega lo stesso de Chirico alle fine del 1918 – siamo ormai maturi per la nuova metafisica […].
Siamo esploratori pronti per altre partenze”
L’intento della mostra – sostiene la curatrice Victoria Noel-Johnson – è promuovere l’interpretazione di una metafisica continua, sostenuta anche dallo studioso Maurizio Calvesi, laddove l’intero corpusdechirichiano, nonostante le variazioni di stile, tecnica, soggetto, composizione e tonalità di colore, è da considerarsi metafisico. Le opere di de Chirico, influenzate dalla filosofia del tardo Ottocento e in particolare da Nietzsche, esplorano il capovolgimento del tempo e dello spazio, con prospettive ed ombre illogiche, utilizzando spesso il dépaysement, giustapposizioni senza senso di oggetti comuni in ambienti inaspettati. Il filosofo-poeta offre all’osservatore un mondo enigmatico, che trasforma la quotidianità e la banalità delle cose in rivelazione, lasciando scoprire il lato metafisico della realtà.
In questo senso, le opere dal 1919 in poi, sia ritratti e nudi sia nature morte e paesaggi, non solo rappresentano i frutti della sua ricerca sulla tecnica pittorica, ma costituiscono anche uno sviluppo notevole della sua interpretazione della metafisica. Realizza copie di opere antiche, inserisce rimandi alle opere dei grandi maestri del passato o ad altre sue stesse opere: si tratta di un’esplorazione ininterrotta del tempo ciclico, dove il passato e il presente coesistono sullo stesso piano in una sorta di eterno ritorno nietzschiano. Scrivendo a Guillaume Apollinaire nel 1916, de Chirico racconta come il filosofo greco Eraclito ci insegna che il tempo non esiste e sulla grande curva dell’eternità il passato è uguale all’avvenire.
La mostra predilige pertanto una struttura suddivisa per temi: il viaggio e il ritorno, con opere come L’ebreo errante del 1917, Ulisse (Autoritratto) del 1922, Ritorno di Ulisse del 1968; il mondo degli esterni metafisici, uno dei temi più riconoscibili dell’arte dechirichiana, con i panorami urbani (le piazze d’Italia, le torri), e i bagni misteriosi, raccontati in mostra attraverso le illustrazioni realizzate per Mythologie di Jean Cocteau del 1934. Ma anche le figure, i trovatori-manichini, i personaggi mitologici, le muse inquietanti e gli archeologi. E ancora gli interni metafisici, la natura anch’essa metafisica, con le nature morte o vite silenti, e infine la tradizione, con i vari ritratti che alludono alla ritrattistica quattro-cinquecentesca, i celebri autoritratti ispirati a Rubens o Velasquez, e ancora le copie e le libere interpretazioni di opere dei grandi maestri come Durer, Watteau, Courbet, Renoir, Raffaello e Perugino.
Una mostra notevole dunque, che segna anche il ritorno a Genova di Giorgio de Chirico dopo ben 25 anni dall’ultima esposizione, e che permette di ricostruire l’intera carriera del pictor optimus.