1500
39x33 cm
Bottega di Francesco Di Bernardo De’ Vecchi, Detto Rizzo Da Santacroce (notizie 1504 – 1545)
Madonna con Bambino e San Giovannino
Tempera su tavola, cm 39 x 33
Le forti assonanze stilistiche e compositive, con opere come la Madonna con Bambino del Museo Civico di Sarnico, permettono di collegare la tavola a un pittore lavorante in una delle botteghe più celebri e proficue del XVI secolo veneto: quella dei Santacroce della Val Brembana.
La critica divide i pittori di Santacroce, che sono circa una decina, in due botteghe distinte ma collaborati entrambe operose contemporaneamente a Venezia, loro città d’adozione, in Istria, Dalmazia e nell’entroterra bergamasco e bresciano tra i primi anni del XVI secolo e il primo quarto del XVII secolo. La prima bottega è quella di Francesco di Simone (morto nel 1508), allievo di Giovanni Bellini, a lui succedette Francesco Rizzo di Bernardo, sempre di Santacroce ma non parente, attivo tra il 1504 e il 1545, col quale collaborò il fratello Vincenzo morto nel 1531. L’attività della prima bottega si conclude con la figura di Giovanni de Vecchi o de Galizzi documentato a Venezia sino al 1565. La definizione della seconda bottega rivela una più chiara genealogia poiché passa di padre in figlio e nipote; prese infatti avvio da Girolamo, attivo tra il 1503 e il 1556, al quale succedettero il figlio Francesco di Girolamo (Venezia, 1516 -1584) e il nipote Pietro Paolo, attivo tra il 1575 e il 1620.
Si tratta un lavoro eseguito per il mercato devozionale dalla bottega di Francesco di Bernardo de’ Vecchi, detto Rizzo da Santacroce. Certamente il dipinto è una ripresa di una iconografia in uso tra i pittori della cerchia dei Santacroce: il San Giovannino trova un preciso confronto con lo stesso soggetto presente in altre opere come la Madonna col Bambino tra i ss. Giovannino e Caterina d’Alessandria della Chiesa di San Giacomo Apostolo dei Domenicani e nella Madonna con Bambino del Museo Civico, Bassano del Grappa. Anche il prototipo della Madonna la cui figura è enfatizzata da un drappo rettangolare alle sue spalle si ritrova in altre opere a lui riferite custodite alla Accademia Carrara di Bergamo e nella Pinacoteca di Forlì.
Scarsi sono i documenti sull’artista così come gli appigli cronologici della sua vita e produzione. Le prime notizie su Franceso si hanno nel 1505 quando è presente alla lettura di un testamento, tale facoltà si otteneva solo con il raggiungimento della maggiore età. Come già riportato diventa discepolo e apprendista di Francesco di Simone ed erede della bottega ancora molto giovane, aveva circa ventitré anni. Nel 1516 stipula un contratto con il rettore della chiesa di Santa Maria a Serina per l’esecuzione di un trittico, raffigurante la Pietà tra i santi Pietro e Giovani Battista, tutt’ora esistente, anche se smembrato, che egli consegnò nel 1518. Tra il 1515 e il 1524 realizza due polittici per la chiesa di S. Giovanni Batista a Dossena: quello della Madonna del Rosario e quello dell’altare maggiore, commissionato dalla confraternita del Corpus Domini. Questi lavori testimoniano la salda connessione ai luoghi di origine, avendo egli anche sposato nel 1516 Adriana, originaria della bergamasca. Ma la sua attività si svolse prevalentemente a Venezia, come testimonia l’iscrizione alla confraternita dei pittori nel 1530 e le due opere più famose: L’Ultima cena della cappella Bragadin in S. Francesco della Vigna e l’Apparizione di Cristo risorto (1513), ora nelle Gallerie dell’Accademia di Venezi
Il capostipite della bottega dei pittori da Santacroce a Venezia fu Francesco di Simone che nel testamento del 1508 lascia la bottega con i disegni e altri materiali all’allievo Francesco Rizzo di Bernardo, anch’egli proveniente da Santa Croce (frazione di San Pellegrino) in Val Brembana, ma appartenente ad un’altra famiglia. La loro bottega è detentrice di una modalità artigianale di svolgere la professione e si affida frequentemente alla rielaborazione di idee di Giovanni Bellini, patriarca della pittura veneziana del tempo, ma anche di altri indiscussi maestri come Mantegna e Antonello da Messina, fermate in disegni tenuti in grande considerazione e trasmessi per via testamentaria per la continuazione dell’attività. A disegni tratti dagli originali di Giovanni Bellini a Venezia possono essere ricondotte molte delle sue Sacre conversazioni che presentano innumerevoli variazioni sul tema.
L’oggetto è in buono stato di conservazione
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